8-10-1-7: i numeri per spiegare l’intervento di piede piatto nel bambino

piede piatto nel bambino

I bambini sono sempre e giustamente la prima fonte di preoccupazione per i loro genitori.

Spesso non ci rendiamo però conto del fatto che i nostri figli non sono la nostra versione in miniatura: ogni età ha le sue peculiarità, anche dal punto di vista anatomico e fisiologico.

È quindi sbagliato (e talvolta può anche essere pericoloso) pensare che debbano essere trattati nel medesimo modo.

Il piede piatto nel bambino

Un esempio molto calzante di questa errata propensione sono i molti genitori preoccupati perché i loro figli hanno i piedi piatti.

L’errore in questo caso consiste nel metro di valutazione con il quale si giudica la curvatura degli archi plantari: quello degli adulti.

I bambini appena nati hanno tutti il piede piatto, perché la curvatura degli archi plantari è una caratteristica anatomica che si sviluppa fra i cinque ed i dieci anni di età all’incirca.

Al contrario, in un bambino fino ai sei-otto anni potrebbe essere più preoccupante un’eccessiva curvatura del piede (piede cavo), proprio perché è innaturale per la sua età: potrebbe essere il segnale di uno squilibrio che sarebbe in grado di portare, con lo sviluppo, ad una situazione patologica.

L’immaturità dei tessuti che dovrebbero sostenere la curvatura dell’arco plantare è la causa del piede piatto nei bambini, che non determina comunque alcun sintomo nella grande maggioranza dei casi, anche per via della notevole adattabilità dei tessuti giovani e del peso corporeo piuttosto limitato.

Il piede piatto di fatto, nell’età pediatrica è un aiuto per i nostri bimbi. Infatti è grazie all’ampio appoggio favorito dal piattismo dei piedi, che i bambini riescono a trovare l’equilibrio per portarsi dal gattonare alla posizione eretta!

I genitori di oggi possono quindi stare tranquilli: fino ai sette-otto anni, a meno che il bambino non riferisca importanti sintomi dolorosi, degli archi plantari poco pronunciati e piedini che tendono a cedere internamente, non devono destare alcuna preoccupazione.
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Piede piatto nel bambino: la diagnosi

Il discorso è differente se si riscontrano anomalie evidenti nella deambulazione: in questo caso, consultare uno specialista può essere utile perché un simile segno potrebbe indicare la presenza di reali problematiche nell’anatomia di piedi, caviglie o ginocchia.

In ogni caso, a meno che non vi siano condizioni di particolare gravità, personalmente consiglio di effettuare una prima valutazione del piede piatto del bambino fra i sei e gli otto anni di età.

Si tratta infatti dell’arco temporale giusto per poter intervenire in maniera appropriata, eventualmente facendo ricorso alla chirurgia correttiva, se questo fosse necessario.
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Trattamento conservativo: i plantari

Fino a pochissimi anni fa, indossare plantari o scarpe ortopediche si considerava come parte fondamentale del trattamento correttivo della sindrome pronatoria nel bambino.

Questo avveniva in quei bambini che si presentavano con un piede piatto che non tendeva alla correzione spontanea legata all’accrescimento.

Si tratta di un’idea che, a parte casi rarissimi e molto particolari, non ha nessun fondamento nella verità: per la grande maggioranza dei giovani pazienti, l’utilizzo del plantare o di scarpe ortopediche non ha alcuna finalità correttiva.

Attenzione, questo non vuol dire che se nostro figlio ha il piede piatto dobbiamo per forza operarci.

È anche vero però che costringerlo all’utilizzo dei plantari nella speranza che questo permetta di arrivare ad una correzione è assolutamente un messaggio errato.

Il plantare infatti, può essere utilizzato, in alcuni casi, con la finalità di alleviare i sintomi dolorosi che il piattismo e quindi la pronazione del piede, può causare a livello del tendine tibiale posteriore.

La visita specialistica è quindi quel momento in cui si arriva a comprendere se ci si trova davanti ad un piede piatto fisiologico o meno e si decide, insieme ai genitori, come procedere nella cura dell’eventuale patologia.
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Intervento chirurgico

L’intervento che prediligo per la correzione del piede piatto pediatrico è l’endortesi senotarsica.

Questa piccola protesina ha lo scopo di plasmare la crescita delle strutture ossee del piede, attraverso uno stimolo puramente propriocettivo, fornendo una sensazione di “blocco” al piede che tenderà quindi a non cedere più verso l’interno.

L’endortesi viene inserita in una cavità naturale rappresentata dal seno del tarso, una cavità presente fra le ossa del piede, situata sotto il malleolo.

L’endortesi senotarsica è una procedura di successo che può essere eseguita all’incirca fra i 7 ed i 14 anni di età, ovvero fra il momento in cui le ossa prendono la loro conformazione definitiva, ma prima di arrivare al completamento della crescita scheletrica.
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8: i millimetri della vite

La protesi, molto simile ad una piccola vite, è di titanio ed ha dimensioni comprese fra 8 e 9 millimetri (le dimensioni dell’impianto dipendono dal piede del bimbo e dal grado di correzione che si vuole raggiungere in base alla deformità pre-operatoria).

In rarissimi casi è necessaria la sua rimozione, in quanto questa non viene normalmente percepita dal piccolo paziente. Nei rari casi in cui sia necessaria la rimozione, può essere effettuata attraverso la medesima incisione a distanza di almeno 1 anno dall’impianto.
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10: i minuti della durata dell’intervento

L’operazione per la correzione del piede piatto nel bambino è relativamente semplice per chi è abituato a lavorare in un’equipe dedicata, che ha lo scopo di ridurre i tempi e i gesti chirurgici ed anestesiologici.

Per questo possiamo parlare di mini-invasività:

  • 10 minuti di intervento;
  • piccole incisioni chirurgiche; tempi chirurgici ridotti;
  • breve anestesia;
  • intervento bilaterale “one step” per evitare al piccolo paziente due anestesie e un doppio “stress” chirurgico.

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1: i giorni per tornare a camminare

Durante il periodo di convalescenza, almeno per 15 giorni, il piccolo paziente dovrà camminare sullo stivaletto gessato che verrà confezionato in sala operatoria.

Camminare sui gessi, anche rompendoli, è importante per ridare uno stimolo propriocettivo al piede senza che si verifichi un’eccessiva contrazione del muscolo tricipite surale (polpaccio), proprio grazie al gesso eseguito a 90 gradi.

La deambulazione quindi è concessa già dal primo giorno dopo l’intervento.
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7: i giorni per tornare a scuola

Nonostante l’opposizione del vostro bambino, la scuola potrà essere ripresa 5-7 giorni dopo l’intervento con piccole attenzioni!
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A domanda, risposta

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