In questo articolo parliamo in dettaglio di:
Questa è la testimonianza di un mio caro paziente, ciclista professionista, sicuramente d’interesse per gli appassionati di questo affascinante sport che dedicano parte del loro tempo libero e delle proprie vacanze a praticarlo.
All’ età di sei anni decisi di correre in bici, una scelta diversa rispetto alla maggior parte dei bambini che per moda o spirito emulativo preferivano giocare a calcio. Non so esattamente quale motivo mi abbia spinto a scegliere questo sport ma ancora oggi dopo sedici anni che corro in bici come professionista ho voglia di farlo.
Il ciclismo ti permette di confrontarti sia con gli altri atleti che con te stesso, apprezzando i miglioramenti che ottieni di corsa in corsa, spostando ogni volta il tuo limite un po’ più in là.
Per un ciclista la fatica diventa energia da sfruttare per il superamento dei propri limiti o anche solo per la soddisfazione e l’orgoglio di scalare una cima e fermarsi ad ammirare dall’alto il paesaggio.
Ma oltre tutto questo ci sono anche una serie di innegabili benefici fisici e mentali: protegge il sistema cardiocircolatorio prevenendo arteriosclerosi, contrasta l’obesità e il sovrappeso, aiuta a combattere la depressione liberando endorfine nel corpo ed infine, rispetto ad altri sport come la corsa, non usura le articolazioni.
Tuttavia, per preservare il proprio fisico e non dover rinunciare a questa grande passione, per periodi più o meno lunghi o per sempre, è necessario fare particolare attenzione alla biomeccanica, cioè alla posizione che si deve assumere durante il gesto tecnico.
Dalla mia personale esperienza e dopo aver incontrato il Dr. Usuelli ho imparato che la biomeccanica del piede e della caviglia è importante soprattutto per due motivi:
In particolare, la presenza di un “retropiede valgo” in un ciclista porta ad uno scarico di forze anomalo sulla volta plantare (che fisiologicamente è “rialzata”), determinando una intrarotazione dell’arto inferiore con conseguenti alterazioni posturali. Questi paramorfismi devono essere sottoposti all’attenzione di uno specialista ortopedico che valuterà la gravità del problema e deciderà se è necessario l’uso di plantari ortopedici su misura o, nei casi più gravi, praticare un adeguato trattamento chirurgico.
Altro problema molto diffuso per la caviglia del ciclista è la tendinopatia achillea, dovuta ad un eccessivo stress del tendine d’Achille a causa di una errata posizione della tacchetta (parte della scarpa che si inserisce nel pedale) che, se situata in posizione troppo arretrata, consente poco movimento all’articolazione della caviglia.
Ulteriore fattore predisponente alla comparsa di tendinopatia achillea è la scarsa altezza della sella che comporta la “caduta del tallone”.
Anche in questo caso è necessario rivolgersi ad un ortopedico che sia in grado di comprendere e valutare il gesto tecnico dell’atleta per poi elaborare la migliore strategia risolutiva per decidere se prescrivere antinfiammatori, terapie fisiche (tecar, laser, ultrasuoni) o utilizzare innovative soluzioni derivanti dalla ricerca ortobiologica (infiltrazioni con PRP – fattori della crescita – o attraverso frazione stromale del tessuto adiposo).
Non mi resta che augurarvi di trascorrere delle ore felici in sella alla vostra bici!