Protesi di caviglia: le risposte alle domande più frequenti

Dr. Federico Usuelli sala operatoria

In questo articolo parleremo della protesi di caviglia.

Le domande che voi pazienti mi fate sulla protesi alla caviglia più frequentemente sono molto interessanti, perché mi aiutano a spiegare meglio l’argomento, permettendomi di informarvi in modo più diretto, ma altrettanto approfondito.

Facebook ha creato un rapporto diverso con voi che siete pazienti o anche solo seguaci della mia pagina. L’utilizzo dei social permette di entrare in contatto con il paziente in un modo nuovo e di informarlo, cambiando anche il modo di vivere la visita specialistica.

Come ribadisco sempre, l’informazione del paziente è ciò che più mi sta a cuore, in quanto permette di creare un legame tra me e voi, ma soprattutto delle aspettative realistiche nei confronti dell’intervento a cui bisogna sottoporsi.

Queste domande, quindi, saranno molto specifiche, ma utili per chi magari cerca un caso il più vicino possibile al proprio, ricordandoci però che ogni caso è a sé e va valutato nella sua unicità.

A 24 anni posso essere un candidato per la protesi di caviglia?

La risposta è semplice: dipende.
Bisogna valutare quali sono le richieste funzionali, il dolore e la rigidità articolare.
Le soluzioni per preservare il movimento della caviglia, comunque, non sono sempre legate alla protesi.
Esistono soluzioni diverse, come la chirurgia di riallineamento e di rigenerazione cartilaginea, che rientrano nella Joint Preserving Surgery. Questa è un’opzione che preserva il movimento, ma nel contempo, non prevede la sostituzione della caviglia, bensì il suo eventuale riallineamento e la rigenerazione della cartilagine articolare.
L’artrosi di caviglia è una patologia difficile da curare: non è un fenomeno legato al normale processo di invecchiamento, ma è una patologia che affligge più spesso un paziente giovane.
La caratterizzano traumi e patologie infiammatorie sistemiche in misura minore (quali l’artrite reumatoide per esempio): curarla in un centro di riferimento è una scelta molto intelligente.
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Protesi di caviglia ed artrodesi : quali sono le differenze?

L’intervento di artrodesi consiste nel “fondere” insieme le ossa che compongono un’articolazione, utilizzando dei mezzi di sintesi (viti, placche, chiodi). Nel caso della caviglia le ossa che devono essere bloccate tra loro sono la tibia e l’astragalo.
Questo intervento è stato considerato l’intervento standard e ideale per il trattamento dell’artrosi di caviglia fin dagli anni ’60 in quanto sembrava essere la strada più semplice e rapida per ottenere la stabilità dell’articolazione e minimizzare i sintomi dolorosi.
Grazie alla scienza medica e ai continui studi sviluppati, si è potuto constatare però che il blocco della caviglia esponeva il soggetto ad altri rischi. Infatti nel lungo termine la fusione della caviglia e quindi il mancato movimento della stessa, determini un sovraccarico delle altre articolazioni del piede (sotto astragalica, astragalo-scafoidea), ma anche dell’arto inferiore (in particolare il ginocchio) esponendole ad un lavoro ed un carico eccessivo: overload. E’ proprio questo aumento del carico di lavoro ad accelerare significativamente il deterioramento delle articolazioni vicine, causando la formazione di nuovi focolai d’artrosi.
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Quanto posso aspettare per fare la protesi? Arriva un momento in cui è troppo tardi?

La protesica di caviglia è migliorata notevolmente negli anni subendo una importante evoluzione sia per quanto riguarda il design protesico che per i materiali utilizzati. Tuttavia la protesi di caviglia non è sempre, a priori, un’opzione possibile. Esistono due principali limiti:

  • la quantità d’osso (meno di un terzo dell’astragalo rende la protesi difficile);
  • la deformità;

Oggi esistono diverse tecniche per correggere le deformità, legate alle capacità tecniche del chirurgo.
Facciamo un esempio: oltre i 20° di varismo o di valgismo, è sicuramente possibile programmare una protesi di caviglia, ma il rischio di fallimento può essere maggiore, in quanto i tempi chirurgici sono molteplici.
Tuttavia, nel momento in cui si effettua una diagnosi di artrosi di caviglia con una deformità in evoluzione, la protesi può essere una soluzione per contrastare l’evoluzione della deformità stessa.
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C’è il rischio di sostituire in futuro una protesi?

Quando si impianta una protesi, si espone il paziente al rischio di revisione.
Quando, invece, si procede con l’artrodesi (bloccare l’articolazione a 90 gradi), si espone il paziente al rischio di un nuovo intervento. Perché? Perché le articolazioni vicine, come spiegato poco sopra, dovranno lavorare al posto della caviglia.
In entrambi in casi sarà necessario agire in un futuro. Questo può avvenire nel caso di un’artrodesi di caviglia, effettuando un nuovo intervento sulle articolazioni coinvolte da artrosi a causa del sovraccarico lavorativo (artrodesi della sottostragalica e/o dell’astragalo-scafoidea per esempio), nel caso di una protesi di caviglia procedendo con una revisione della protesi.
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Il rischio di revisione: quanto è importante?

Una pubblicazione di Haddad, un collega che lavora a Chicago, attesta che a 10 anni dall’intervento l’84% dei pazienti da lui analizzati non ha subito nessuna revisione.
Commentiamo un attimo questo dato in modo che non risulti fuorviante.
Infatti questo non vuol dire che la protesi duri sempre 10 anni, ma che l’84% dei pazienti ha ancora la propria protesi in situ dopo 10 anni e che solo il 16% e’ stato revisionato prima di tale periodo. Si tratta di un dato molto importante.
In questo studio viene ribadito nuovamente il concetto della learning curve e della sua importanza nella carriera di un chirurgo.
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Quali sono i primi sintomi dell’artrosi di caviglia?

Prima dei sintomi bisogna parlare della storia del paziente.
Infatti, se il paziente non ha una deformità, non ha avuto fratture ad alta energia, non ha malattie infiammatorie sistemiche (come il lupus o l’artrite reumatoide) e presenta del dolore, non deve pensare come prima cosa all’artrosi di caviglia.
L’anamnesi, in questo senso, fa la differenza. Se ho una storia di frattura di caviglia le probabilità che si sviluppi un’artrosi di caviglia sono più alte.
I sintomi principali sono ovviamente il dolore e la limitazione nella funzione. Il dolore può essere costante o comparire solo in una prima fase che chiamiamo “di riscaldamento”. Alcuni pazienti invece parlano di un dolore da affaticamento.
La tumefazione é un altro sintomo spesso lamentato. La caviglia tende a gonfiarsi, arrossarsi e i movimenti sono ancor più limitati.
La limitazione funzionale quindi la limitazione nel muovere la caviglia, ma non di rado, anche la zoppia completano il quadro.
Inoltre un paziente artrosico non raramente presenta un principio di equinismo, ovvero cammina caricando il peso sulla punta del piede (con conseguente iperestensione del ginocchio). Anche questa caratteristica acquisita porta ad un’ulteriore alterazione importante del passo, con dolore e limitazione nei movimenti.
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Sono stato operato 4 mesi fa, va meglio ma il freddo non mi aiuta. Quando avverrà il pieno recupero?

Si tratta di una domanda interessante, che può essere utile per comprendere meglio cosa aspettarsi dopo l’intervento di protesi di caviglia.
Un paziente che ha un’artrosi di caviglia soffre e non vede l’ora di operarsi per poter camminare senza dolore. Inoltre dopo l’intervento spesso ha fretta, in quanto si aspetta un recupero immediato per la correzione ottenuta. Attenzione però: operazione conclusa non è sinonimo di paziente guarito.
Ci vuole una forte determinazione nel recupero dopo l’intervento: per questo abbiamo sviluppato dei protocolli fast track, perché riteniamo che, quando possibile, il carico immediato faccia la differenza.
Ormai lo sapete tutti: sarà necessario caricare per guarire, non guarire per caricare!!
Il poter caricare da subito però è un incentivo che viene spesso frainteso dal paziente. Quindi è importante anche in questi casi ricordare che la costanza è la chiave principale per un vincente recupero post operatorio e quindi un vincente processo di guarigione. In tutto questo ci possono essere alti e bassi, il freddo può avere un impatto importante, ma non duraturo: gonfiore, dolore e difetto di sensibilità sono molto comuni all’inizio.
La funzione piena si riacquisterà tra 8 e 12 mesi: i risultati maggiori si ottengono nei primi 6 mesi, quindi maggiore sarà l’impegno in questo periodo, maggiori saranno i risultati.

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A domanda, risposta

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