Protesi di caviglia: due algoritmi di riabilitazione

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Sottoporsi a un intervento di protesi di caviglia significa essere consci del percorso da effettuare per raggiungere il risultato atteso e della conseguente riabilitazione.

Bisogna però distinguere subito questo intervento di protesica dagli altri.

Infatti, il paziente di è sicuramente più giovane di quello di anca e ginocchio, inoltre la caviglia si trova in un segmento terminale ed è sottoposta a uno stress di carico maggiore rispetto all’anca e al ginocchio.

Protesi di caviglia: la riabilitazione dopo l’intervento

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Un’altra diversità rilevante riguarda la riabilitazione.

Mentre è spesso importante il ruolo del fisioterapista per quanto riguarda la chirurgia dell’anca e del ginocchio, questa figura è meno fondamentale per quanto riguarda la riabilitazione di piede e caviglia.

La protesi alla caviglia rispetto alla sua antica rivale, l’artrodesi, ha come differenza peculiare il movimento. Tuttavia bisogna sottolineare che il movimento della caviglia indispensabile per condurre una vita normale è di una percentuale moderata di gradi.

Escursioni maggiori, infatti, sono richieste dai ballerini o dagli atleti più in generale.

È un errore quindi, che in alcuni casi può arrivare a compromettere l’intervento, pensare che nel post operatorio il gesto più importante sia quello di chiedere al fisioterapista di far muovere la caviglia per aumentare il “range of motion”.

Il fatto che dopo l’intervento il paziente esca dalla sala operatoria con un gesso, che limita ovviamente ogni tipo di movimento e che deve portare per 4-6 settimane, deve far pensare a come non sia infatti questo lo scopo primario.

Queste manovre di mobilizzazione svolte con elastici o manualmente infatti possono portare ad importanti scompensi muscolari e ad “impingement” che si manifestano con dolori mediali e difficili da trattare.

Ecco perché, senza nulla togliere all’immagine del fisioterapista, compagno importante che ci aiuta in molte tipologie di interventi, la fisioterapia che può aiutare maggiormente una caviglia operata è l’idrokinesiterapia.
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Idrokinesiterapia: la riabilitazione con l’acqua

Idrokinesiterapia, quindi andare a camminare in acqua, è infatti la riabilitazione più sana ed equilibrata che potete fornire alla vostra caviglia.

L’acqua infatti vi sostiene nei vostri passi e vi permettere di ritrovare confidenza con il carico e con l’equilibrio.

Inoltre proprio perché sorretti dall’acqua ci si può concentrare maggiormente sulla ripresa di un passo naturale e fisiologico che può risultare alterato dopo l’immobilizzazione nel gesso e nel tutore per 6 settimane.
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La riabilitazione con lo stretching

Un altro fondamentale gesto riabilitativo è lo “stretching” della muscolatura posteriore della gamba (polpaccio). Allungare il muscolo gastrocnemio infatti è fondamentale per evitare squilibri muscolari e permette indirettamente, allungando la muscolatura posteriore, di aumentare il movimento della caviglia.

Lo “stretching” va eseguito ogni giorno due volte al giorno con la metodicità e costanza con cui si assumerebbe un medicinale. Non si tratta di un gesto supplementare ma fondamentale per la buona riuscita dell’intervento.
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A domanda, risposta

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