In quest’articolo esaminiamo approfonditamente la protesi di caviglia, affrontando le domande seguenti:
Lo scopo principale di questo articolo è quello di chiarire numerosi dubbi e rispondere alle domande riguardanti la protesi di caviglia, domande che ricevo frequentemente su Facebook e Instagram dai miei pazienti.
Ciò che rende questo articolo unico rispetto ad altri è che, grazie alle vostre domande, posso affrontare incertezze e quesiti che spesso vengono considerati ovvi, ma che in realtà meritano una maggiore attenzione e spiegazione.
Per correttezza, faccio una premessa:
l’obiettivo di una protesi di caviglia è tornare a camminare senza dolore.
Iniziamo dalla prima domanda.
Ritengo che l’artrodesi sia ancora una soluzione:
Invecchiando, è normale sviluppare artrosi d’anca o di ginocchio: con una popolazione italiana che invecchia, si registrano numeri elevati. Quasi ogni ospedale ha chirurghi che hanno completato la loro learning curve, implicando che eseguono un numero adeguato di interventi di protesi d’anca e di ginocchio per essere considerati esperti.
La situazione cambia quando si tratta di protesi caviglia.
Difatti, l’artrosi di caviglia non affligge tipicamente i pazienti anziani, dato che la caviglia è un’articolazione congruente: senza interruzioni di questa congruenza, come quelle causate da una frattura, è quasi impossibile che si sviluppi artrosi di caviglia.
Di conseguenza, i casi di protesi caviglia sono meno numerosi rispetto a quelli di anca e ginocchio. Ecco perché è fondamentale il concetto di “centri di riferimento”, luoghi dove i chirurghi possono formarsi sotto la guida di tutor esperti, acquisendo le abilità necessarie per gestire la protesica di caviglia.
Questo punto ci conduce alla domanda successiva
In numerosi nostri articoli abbiamo esplorato in profondità il tema della learning curve nell’ambito della chirurgia.
Foot and Ankle Surgery, la prestigiosa rivista europea specializzata in chirurgia del piede e della caviglia, ha pubblicato diversi nostri articoli che approfondiscono il ruolo della learning curve nella protesica di caviglia.
I nostri studi indicano che il numero minimo di protesi alla caviglia da effettuare all’anno per un chirurgo è di almeno 30 protesi all’anno, anche se questo numero può variare. Tuttavia, il chirurgo deve superare le limitazioni imposte dalla scarsa incidenza dell’artrosi di caviglia per completare efficacemente la sua learning curve. Questo sottolinea l’importanza di avere centri di riferimento specializzati.
Dopo una frattura alla caviglia, si possono sviluppare non solo rigidità e artrosi, ma anche deformità. In questi casi, non è possibile procedere con un intervento di protesi di caviglia senza prima trattare e riallineare la deformità, che può interessare sia il piede che la caviglia.
Molto spesso protesi di caviglia significa anche riallineamento della caviglia e del piede.
Avere un’équipe medica dedicata diventa cruciale in situazioni complesse, dove è essenziale minimizzare la durata dell’intervento chirurgico.
Nel corso degli ultimi dieci anni, il mio team ha trattato oltre 1.000 pazienti affetti da artrosi di caviglia. Nel campo della protesi caviglia, rappresentiamo un punto di riferimento unico per la cura dell’artrosi di caviglia.
Perché è una recente acquisizione.
Spieghiamo meglio: in realtà, le protesi di caviglia si impiantavano già prima degli anni ’50, ma i risultati erano scadenti. Si trattava infatti di impianti creati senza aver compreso realmente l’anatomia e la biomeccanica della caviglia, senza quindi un design appropriato.
I fallimenti riguardavano sia le protesi con approccio anteriore che con approccio laterale.
Oggi godiamo di 10 – 15 anni di storia da cui abbiamo imparato e che ci hanno permesso di migliorarci. Inoltre siamo perfettamente in grado di scindere bene i pro e i contro della protesi di caviglia. Oggi possiamo quindi definire l’intervento di protesi di caviglia un intervento affidabile nelle mani di un’equipe interamente dedicata a questo tipo di chirurgia.
Inoltre è importante considerare che proprio per la giovane età dei pazienti, caratteristica tipica dell’artrosi di caviglia, è corretto pensare ad un possibile intervento di revisione protesica nell’arco della vita.
Questo spaventa spesso chirurghi non dedicati alla chirurgia del piede e della caviglia, o con poca esperienza in ambito di protesi caviglia, portandoli a proporre interventi come l’artrodesi ovvero il blocco della caviglia.
Ho più volte insistito, appoggiato dalla letteratura scientifica e da colleghi competenti in tutto il mondo, che l’artrodesi, portando ad un sovraccarico articolare delle articolazioni vicine alla caviglia e quindi ad un successivo sviluppo di artrosi ed interventi secondari, non è da vedersi come la soluzione alla protesi alla caviglia bensì come un antenato ormai superato.
Fatta questa premessa è importante sottolineare però quanto sia fondamentale, nella protesi di caviglia, utilizzare un impianto che permetta di risparmiare osso ovvero “bone stock”.
Ecco perché negli ultimi anni si è posta sempre più attenzione nel disegnare e sviluppare impianti protesici che permettessero un risparmio di bone stock.
Da questa esigenza nasce l’approccio laterale e l’idea della protesi resurfacing.
L’approccio laterale infatti consente di riprodurre l’originale anatomia della caviglia riducendo al minimo la resezione ossea. Inoltre l’approccio laterale permette di decidere direttamente il centro di rotazione.
Ricapitolando quindi i vantaggi legati all’approccio laterale sono principalmente:
Anteriormente al contrario diventa difficile riuscire a riprodurre la naturale forma anatomica della caviglia, essendo costretti ad eseguire tagli dritti e non curvi. In questo modo il risparmio osseo è sicuramente minore.
Tuttavia esistono casi in cui è più indicato l’approccio anteriore. Si tratta di casi che personalmente seleziono con attenzione, ritenendo infatti che per un paziente:
sia più indicato l’approccio laterale.
Proprio perché ritengo che la consapevolezza e l’informazione aiutino il paziente nel percorso post-operatorio e nel rendere più realistiche le aspettative, voglio concludere questo articolo con un’ulteriore domanda che spesso mi viene posta.
La protesi alla caviglia è indicata principalmente nei seguenti contesti clinici:
La decisione di procedere con l’impianto di una protesi di caviglia deve essere presa dopo un’attenta valutazione del paziente, considerando fattori quali:
Tale decisione è il frutto di una discussione approfondita tra il paziente e un ortopedico specializzato in chirurgia protesica articolare.
Si definisce chirurgo ortopedico specializzato nel trattamento di chirurgia protesica un chirurgo che esegua ogni anno almeno 30 casi di chirurgia protesica. Infatti la chirurgia protesica di caviglia è una caviglia che implica una learning curve, ossia una procedura di apprendimento del chirurgo che è condizionata dal numero di casi che il chirurgo stesso esegue ogni anno
L’anestesia è un’anestesia periferica, più precisamente un’anestesia spinale che viene poi associata a dei blocchi selettivi. Questa tipologia di anestesia è fondamentale in quanto permette al paziente di non avvertire dolore subito dopo l’intervento, lasciando addormentata la gamba per qualche ora.
La paura, l’ansia dell’intervento non devono quindi interferire con la corretta scelta dell’anestesia che non deve essere un’anestesia generale (se non in casi particolari selezionati dall’anestesista) .
Nel caso non si voglia essere coscienti durante l’intervento o per placare l’ansia, o perché si pensa che la protesi di caviglia sia troppo dolorosa, o per la preoccupazione legata all’intervento e alla sala operatoria, basta richiedere una sedazione.
Scegliendo l’anestesia corretta avremo:
Per quanto riguarda il recupero dopo l’intervento questo può variare da paziente a paziente.
La diversità principe è la possibilità o meno, a seconda di caratteristiche fisiche, legate alla deformità e alla qualità dell’osso, di aderire ad un protocollo “fast track”, ovvero un protocollo che preveda un carico immediato permettendo un recupero più veloce.
La “novità” del fast track, che tanti miei pazienti non hanno potuto provare, non è nata banalmente sull’onda dell’entusiasmo.
Al contrario il fast track è stato introdotto dopo aver conosciuto, valutato e analizzato i vantaggi che questo protocollo mostrava nei pazienti operati di protesi di ginocchio e protesi d’anca.
In questo modo è stato possibile adattare il protocollo fast track alla protesi di caviglia facendo affidamento però sull’esperienza dei nostri “fratelli maggiori” di anca e ginocchio!
Indubbiamente il carico immediato rimane il punto forte del protocollo fast track. Concedendo subito il carico infatti, permettiamo all’organismo di non perdere propriocettività e di prendere confidenza da subito con l’appoggio corretto.
Il recupero post operatorio però non può essere uguale per tutti i pazienti, ma deve tenere conto, come accennavo prima, del tipo di deformità, della qualità dell’osso, del peso del paziente, dei precedenti interventi e quindi delle condizioni dei tessuti molli.
Nei pazienti candidati al fast track possiamo decidere di non utilizzare lo stivaletto gessato, rinunciando quindi all’immobilizzazione, ma concedendo comunque un carico immediato.
Questa è sicuramente la massima espressione del Fast Track.
Abbiamo poi un altro gruppo di pazienti in cui decidiamo di concedere il carico immediato, ma mantenendo l’immobilizzazione e quindi il gesso. Questo può avvenire nei casi in cui abbiamo paura di retrazioni legate ai tessuti molli.
Ancora diverso è per pazienti con deformità importanti, che richiedono più tempi chirurgici.
In questi pazienti è importante il carico, ma non deve essere immediato. È previsto quindi l’utilizzo dello stivaletto gessato sul quale viene chiesto di caricare, ma dopo un periodo variabile (tra le 2 e le 4 settimane), di scarico.
Sono l’evoluzione e la scelta precisa di tutte queste componenti, anestesia, game ready, fast track, che hanno cambiato l’intervento di protesi di caviglia.
Una protesi di caviglia non ti trasforma in un super-eroe.
Se prima di ammalarti di artrosi di caviglia eri un paziente che conduceva una vita sedentaria, tornerai alla tua vita sedentaria senza dolore.
Se, invece, eri un atleta, conoscevi il sacrificio dell’allenamento e l’importanza di darsi obiettivi da raggiungere nel tempo, è possibile tornare a livelli elevati di attività.
Abbiamo operato pazienti di protesi di caviglia, che erano alpinisti prima di ammalarsi: sono tornati ad essere alpinisti.
Sciatori che sono tornati a sciare.
Ovviamente sconsigliamo sport a rischio traumatico.
Dopo un intervento di protesi alla caviglia, ci sono alcune attenzioni che possono aiutare il paziente ad ottenere un recupero che sia il più efficiente possibile:
Ogni paziente può avere indicazioni specifiche basate sul proprio stato di salute e sulla tecnica chirurgica utilizzata, pertanto è fondamentale seguire le direttive personalizzate fornite dal team medico.
La durata dell’intervento è un indicatore importante dell’esperienza del team chirurgico a curare l’artrosi di caviglia con una protesi. Ovviamente, non è l’unico!
Il nostro tempo medio per una protesi di caviglia è inferiore ai 60 minuti.
Questo grazie ad un team dedicato: gruppo di anestesisti (guidati dal Dr Cama, primario anestesista) che eseguono protocollo di gestione del dolore e controllo perdite ematiche, ferristi dedicati al mio team e guidati da un professionista che li coordina (Domenico Santoro), gruppo di chirurghi che conoscono a memoria l’intervento e lavorano in modo affiatato con la stessa passione da anni.
Una protesi di caviglia non necessariamente richiederà una revisione.
Parliamo di numeri: è dimostrato che la durata dell’impianto dipenda da:
Nei centri di riferimento, team leader di grandi casistiche hanno pubblicato protesi di caviglia senza revisione nell’80% dei casi oltre i 10 anni, nel 70% oltre i 15 anni.
Stiamo parlando, quindi, di un vasto numero di pazienti per cui le protesi durano oltre 15 anni.
Si tratta di dati raccolti oltre 15 anni fa e che gli impianti di oggi sono destinati a migliorare.
Recentemente, abbiamo ottenuto 98% di pazienti liberi da revisione a medio termine (uno dei migliori risultati descritti in letteratura).
E’ importante rivolgersi a Centri e Chirurghi che abbiano Registri Protesici d’Istituto, perché è solo grazie a questi strumenti che si riescono a dare dati precisi e coerenti.
Maggiore è la consapevolezza, più realistiche diventano le aspettative.
Essere informati è cruciale per il percorso di guarigione, in quanto consente al paziente di stabilire obiettivi tangibili e realistici, partecipando attivamente al proprio programma riabilitativo.
L’aspettativa errata è un errore comune tra i pazienti.
Una caviglia con protesi non sarà mai pari a una caviglia sana, tuttavia, rappresenta un notevole miglioramento rispetto a una caviglia malata. Questo sottolinea l’importanza dell’informazione e delle aspettative corrette. L’intento della protesi di caviglia è fornire un piede che si appoggi correttamente a terra – in posizione plantigrada – e consenta una spinta regolare nel camminare.
La vostra motivazione è ciò che fa la differenza: sono consapevole dei sacrifici richiesti nel chiedervi di appoggiare il peso sulla caviglia subito dopo l’intervento.
La fiducia è essenziale: nella maggior parte dei casi, essa porta a risultati soddisfacenti più rapidamente. Nei primi sei mesi, l’attenzione dovrebbe concentrarsi sul recupero funzionale, cercando di non focalizzarsi esclusivamente sul dolore e sul gonfiore.
Pertanto, è fondamentale avere una chiara comprensione non solo della tipologia di intervento a cui si è sottoposti, ma anche del percorso post-operatorio, in cui voi pazienti siete i principali attori.
Questo articolo è aggiornato a mercoledì 17 gennaio 2024 – Ultimo aggiornamento 17/1/2024