La distorsione di caviglia nella corsa

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Correre è un movimento naturale, che tutti noi impariamo fin dall’infanzia. Nel tempo abbiamo assistito ad un considerevole aumento delle persone che intendono la corsa come la loro principale attività sportiva, un fatto sicuramente positivo.

Questo ha però fatto anche lievitare il numero degli infortuni, talvolta a causa dell’impreparazione delle persone che si “improvvisano” runner senza disporre di una guida più esperta e quindi delle conoscenze e della preparazione necessarie per programmare allenamenti sicuri e prendere le giuste precauzioni per evitare gli infortuni più comuni.

In questo articolo parleremo di uno degli infortuni più comuni per chi corre, la distorsione della caviglia, di come si può cercare di prevenirla e di come si può curare quando capita di incapparvi.
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Il paziente sportivo vs paziente normale

Dimenticate per un momento quello che ho detto nel paragrafo precedente: il paziente sportivo si mostra solitamente preparatissimo, legge le riviste di settore e non di rado ha studiato il proprio problema, formulando una diagnosi già prima di presentarsi alla visita con lo specialista.

Conoscere il proprio corpo ed informarsi è certamente qualcosa di positivo ma non sempre diagnosi e trattamenti fai-da-te sono i più appropriati.

L’obiettivo del paziente sportivo, dopo la guarigione, è il ritorno immediato alla pratica sportiva e non è raro che questa forte necessità finisca per fargli ignorare i segnali del proprio corpo e ricominciare troppo presto, spesso con il risultato di peggiorare ulteriormente la situazione o trasformarla in una patologia cronica.
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La distorsione di caviglia nella corsa

La distorsione di caviglia è uno degli infortuni più frequenti tra i runner: è frequente nei soggetti che praticano attività sportiva, specialmente a livello amatoriale. Non è infrequente, purtroppo, che avvenga per via dell’inadeguata prevenzione che questi atleti mettono in atto.

La distorsione di caviglia si definisce come:

una temporanea perdita di contatto delle due superfici articolari che compongono la caviglia, con possibile lesione associata dei legamenti e della cartilagine articolare.


Può avvenire in due modi, in eversione o in inversione, a seconda che il piede si orienti rispettivamente verso l’interno o verso l’esterno.

I sintomi possono variare significativamente: alcuni pazienti non riferiscono alcun disturbo, a parte un leggero dolore nell’immediato ed una lieve tumefazione, mentre in altri il dolore è molto forte ed il gonfiore tale da impedire qualsiasi movimento della caviglia stessa.
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Distorsione nella fase acuta

La caviglia è un complesso articolare piuttosto delicato. Poiché deve sostenere l’intero peso del corpo ed anzi, durante la corsa è sottoposta a pressione anche 3-4 volte superiore, infortuni anche banali possono portare a danni importanti a legamenti e cartilagini.

La distorsione acuta può essere causa di traumi importanti come fratture, che rendono necessario un accesso urgente al pronto soccorso. In questi casi, è quindi bene non proseguire nell’attività sportiva ed evitare di caricare il peso sull’arto interessato, mettendolo subito a riposo e, se si sospetta un danno importante, come una frattura, cercare di raggiungere rapidamente il più vicino ospedale.


In molti casi, meno gravi, una distorsione può invece essere trattata con una serie di semplici accorgimenti:

  • riposo immediato, almeno fino a quando il dolore non scompare quasi del tutto;
  • applicazioni di ghiaccio, da effettuare subito [per un massimo di 20 minuti per applicazione, con un intervallo altrettanto lungo fra un’applicazione e la successiva];
  • sollevamento della caviglia, utile a ridurre l’eventuale versamento;
  • protezione della caviglia interessata, per esempio attraverso un bendaggio che ne limiti il movimento nei giorni successivi al trauma.

Fratture a parte, le conseguenze di una distorsione posso essere principalmente due:

  • la lesione osteocondrale, ovvero la lesione della cartilagine articolare dovuta all’attrito avvenuto nel momento della distorsione stessa, che è responsabile del sintomo doloroso;
  • la lesione dei legamenti, che può essere più o meno grave a seconda dei casi e che ha invece come conseguenza l’instabilità dell’articolazione.

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Distorsione come lesione cronica

È per questo che una lesione acuta trascurata o non perfettamente guarita, con il tempo può determinare la comparsa di dolore cronico o condurre all’instabilità della caviglia, ovvero all’incapacità dell’articolazione di rimanere nella posizione corretta a seguito di stimoli normali, come quelli che derivano dalla camminata o dalla corsa.

In quest’ultimo caso, il paziente avverte frequenti cedimenti dell’articolazione, specialmente durante l’attività sportiva.

Spesso i pazienti si focalizzano maggiormente sulla lesione legamentosa, mentre ignorano la pericolosità di una lesione osteocondrale ovvero cartilaginea.

Le lesioni legamentose sono davvero frequenti in seguito ad una distorsione. In particolare lesionare il legamento peroneo astragalico anteriore è decisamente tipico e non deve preoccupare il paziente: il più delle volte infatti guarisce autonomamente senza esiti.

Al contrario una lesione osteocondrale, non sempre visibile fin dai primi momenti dopo l’evento distorsivo e talvolta asintomatica per molto tempo, può rappresentare un’importante fonte di dolore e di limitazione funzionale. In questi casi va indagata con attenzione, una volta guariti dall’evento acuto.
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Come avviene la distorsione: 3 indicatori di valutazione

Per valutare correttamente la portata di una distorsione è molto importante fare attenzione a non sottovalutare i tre principali segnali che il nostro corpo ci invia non appena è avvenuto il trauma: gonfiore, ematoma e dolore.

  • Il gonfiore si sviluppa spesso in modo graduale e non interessa solo l’area nella quale è avvenuto il trauma, ma si diffonde all’intera caviglia, che si può irrigidire parzialmente o totalmente;
  • poco dopo il trauma, un livido o un ematoma possono espandersi intorno all’area interessata, estendendosi talvolta fino all’arco plantare ed al tallone;
  • il dolore che si prova al momento del trauma non è sempre proporzionale alla gravità dell’infortunio. A volte, il paziente non prova un forte dolore ed è sorpreso dall’estensione dell’ematoma o del livido che compaiono qualche minuto più tardi. Nella maggior parte dei casi l’area più sofferente è quella in corrispondenza del legamento peroneo astragalico anteriore [situato più o meno dove tibia e collo del piede si congiungono], quasi sempre dolente alla pressione delle dita.

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La scelta della scarpa

Ognuno di noi ha le proprie peculiarità, fra le quali, in questo caso, è molto importante la conformazione del piede.

La scelta della giusta scarpa per l’attività sportiva è la prima forma di prevenzione di tutti gli infortuni e specialmente di quelli che interessano le caviglie o, più in generale, gli arti inferiori.

Fra le moderne calzature sportive ve ne sono per esempio alcune più adatte a chi ha il piede cavo ed altre più utili per chi ha il piede piatto o un piede neutro.

In caso di dubbi su quale sia il modello più adatto, in sede di visita, dopo avere osservato il paziente deambulare a piedi nudi e svolgere semplici test, lo specialista sarà certamente in grado di consigliare l’uso della calzatura più adatta: da pronatore, supinatore o neutra.

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Tempi di recupero

È evidente che modalità e tempi per il recupero da questo tipo d’infortunio siano molto diversi a seconda della gravità e delle lesioni che il paziente si è procurato. Se il trauma non è associato a particolari lesioni e l’articolazione è in buone condizioni generali, una distorsione non trascurata impiega qualche giorno o un paio di settimane al massimo per la guarigione completa.

È da tenere presente che anche quando il dolore è scomparso l’articolazione è spesso più “delicata” rispetto al periodo precedente al trauma e almeno per un primo periodo, meno responsiva agli stimoli esterni e quindi più a rischio di una recidiva [nuovo evento distorsivo].

Ricorrere all’aiuto di un fisioterapista e quindi al recupero della propriocettività, in questi casi può accelerare i tempi e rendere più solido il recupero.

Nel casi in cui il paziente, nessuno può infatti riferirlo meglio di lui, notasse un’instabilità o un dolore costante, insorto nei mesi successivi all’evento distorsivo, bisogna indagarne le cause attraverso l’esecuzione di esami diagnostici quali radiografie in carico, risonanza magnetica ed eventualmente una TAC.

In questi casi i tempi di recupero si possono allungare notevolmente, in particolar modo se si rende necessario il ricorso alla chirurgia.
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