Per i più, il 3 settembre 2015 sarà ricordato come un giorno come tanti. Non sarà certo così per me e la mia equipe. Ieri sera abbiamo dato vita al primo appuntamento “Journal Club” della mia équipe.
Ho sentito parlare per la prima volta di un Journal Club nel 2008 quando, ancora specializzando, mi trovavo negli USA per un progetto di ricerca presso la Duke University.
Nella mia casella e-mail trovai un invito a recarmi presso uno sconosciuto ristorante locale e in allegato alcuni articoli scientifici che chi avesse accettato l’invito avrebbe dovuto leggere. Inutile descrivervi il mio stupore e le innumerevoli domande che mi passarono per la testa in quel momento. Misi da parte dubbi e paure, e mi recai all’appuntamento.
Giunto al ristorante, che offriva una specie di menù greco rivisto e corretto in salsa yankee, incontrai un nutrito gruppo di colleghi americani. Discutemmo, cenando, di quanto ci era stato chiesto di leggere e ognuno espresse liberamente il suo pensiero facendo tesoro delle considerazioni altrui.
Da quella volta e per tutta la durata del mio soggiorno a Durham non ho più mancato ad uno di questi appuntamenti. E’ anche grazie a questi incontri che ho potuto conoscere meglio, fino a stringere una sincera amicizia, quelli che all’epoca erano i miei professori, i professori Nunley, DeOrio ed Easley (oggi presidente della Società Americana di Chirurgia del Piede e della Caviglia).
Questo tipo di esperienze mi ha insegnato il grande valore di un team, dell’equipe. Anche i più grandi chirurghi sono parte di un insieme armonico e ben organizzato di persone con le quali scambiano continuamente informazioni, punti di vista e sulle quali possono contare per portare avanti un progetto condiviso.
E’ questo lo spirito che vorrei portare anche in Italia,nella mia equipe e col suo prezioso contributo.
In un Paese in cui tutti si lamentano della mancanza di cambiamento siamo i primi a dover cambiare, a generare e diffondere uno spirito nuovo, con un altro stile. Uno dei primi passi da compiere è quello della condivisione delle competenze, delle conoscenze e soprattutto delle reciproche esperienze. Tutto ciò non può che andare a beneficio dei nostri pazienti.
Il nostro primo JC di ieri aveva come tema di discussione l’artrosi di caviglia.
Ogni componente del mio team (Dr.ssa Camilla Maccario, Dr. Luigi Manzi, Dr.ssa Miriam Grassi, Dr. Riccardo D’Ambrosi, Dr.ssa Claudia Silvestri, Dr. Andrea Pantalone) ha contribuito attivamente approfondendo un particolare aspetto legato al tema nei giorni precedenti, per presentare le proprie riflessioni durante la cena. Persone giovani, professionisti appassionati che scelgono di aprirsi a nuove esperienze, sperimentando nuovi metodi già ben noti ed usati in altri contesti. Dottori che amano il proprio lavoro e che investono buona parte del loro tempo ad aggiornarsi e formarsi, anche attraverso un costruttivo confronto con i propri colleghi.
Ma veniamo agli argomenti oggetto del nostro incontro.
Camilla (appena tornata dalla sua fellowship negli Stati Uniti) ha confrontato i nostri attuali strumenti di studio del posizionamento della protesi con quelli utilizzati a Baltimora dal Dr. Myerson e dal Dr. Schon.
Luigi, si è occupato di approfondire l’evoluzione nel tempo della relazione fra l’arto e protesi. Il corpo umano, in quanto organismo vivente, impara ad utilizzare al meglio l’impianto con il passare del tempo. E’ importante comprendere questi fenomeni per implementare le tecniche di riabilitazione.
Miriam ha confrontato la nostra esperienza nella gestione dei problemi con quelle di altre prestigiose scuole internazionali, focalizzandosi in particolare sulle rare ma tuttavia possibili complicanze generate da infezioni.
I nuovi arrivati, Claudia e Andrea hanno paragonato i risultati dedotti dalle nostre recenti esperienze chirurgiche con quelli di altre scuole di pensiero che ancora oggi considerano l’artrodesi (fusione dell’articolazione) l’unica soluzione affidabile per l’artrosi di caviglia.
Ultimo ma non ultimo, Riccardo ha lavorato sulla razionalizzazione delle suddette esperienze e su come migliorare il modo di comunicarle alla comunità scientifica.
Vi aggiorneremo puntualmente sui nostri prossimi incontri.
Una nota a margine, il menù della nostra cena italiana era squisito.