Capitolo 4. Imparare le regole

Con l’andare dei giorni, le mie “giornate americane” sono trascorse veloci e serene. Per un intero anno mi sono divisa tra un ospedale e l’altro al fianco ai miei tutors.
Oggi vorrei descrivervi la mia esperienza ed il mio impegno presso l’Union Memorial Hospital insieme al Dr Lew Schon.
All’Union Memorial Hospital, le giornate che ho preferito, erano quelle in sala operatoria. Vi lascio immaginare il mio entusiasmo quando in programma era prevista una protesi di caviglia.
A Baltimora mi sono dedicata con passione allo studio di questo nuovo impianto; mi considero privilegiata per aver avuto l’opportunità di approfondire l’argomento a stretto contatto con il Dr. Schon che ha il merito di aver disegnato la protesi utilizzata.
L’innesto di una protesi di caviglia è un intervento decisamente complesso e l’approccio laterale una vera novità. Ho sfruttato al massimo l’opportunità di stare in sala, con un preciso scopo in mente: Imparare!
Prepararmi al meglio per mettere a frutto quanto imparato qui in Italia, al servizio del mio paese, poche regole, chiare ed importanti.

Regola nr 1: La corretta preparazione del paziente sul letto operatorio è fondamentale.

E’ necessaria una base completamente piana, senza inclinazioni.
Lew Schon in persona riesaminava il paziente prima dell’intervento insieme ai fellows, accertandosi, che tutta la documentazione radiografica fosse presente in sala. Cartine da seguire pedissequamente durante l’intervento.

Regola nr 2: Lo strumentario per l’impianto di questa protesi è molto complesso.

Ogni intervento prevedeva l’assistenza di uno specialista di rinforzo al ferrista.
L’amplificatore di brillanza è fondamentale durante l’intervento, quindi prima di lavarci doveva essere pronto in sala operatoria.
Questa tipologia di protesi, la stessa utilizzata da noi, in Italia, per le nostre protesi di caviglia, prevede un osteotomia del perone per poter accedere all’articolazione e visualizzarla interamente da laterale.

Regola nr 3: Avere la capacità di essere critici.

Ovvero argomentare e valutare autonomamente. Un intervento di protesi di caviglia poteva durare dalle 3 alle 5 ore a seconda del caso e della difficoltà della deformità. Aver avuto la libertà di interrogarmi ed interrogare durante l’intervento, ha avvalorato una tesi che sostengo da sempre: “la medicina non è una scienza esatta. In parte è intuito ed in parte arte”.
Sarò sempre riconoscente al Dr Lew Schon, un chirurgo molto rigoroso, che più volte mi ha piacevolmente sorpresa per aver lasciato ampio spazio a noi fellows. Quotidianamente ha dedicato estrema attenzione e pazienza al nostro apprendimento, tramandando “trucchi” e segreti dell’impianto protesico.
Va detto che, in America, insegnare è un dovere. Non si sceglie se farlo o meno, si fa, semplicemente. Una sorta di obbligo morale, una forma di riconoscimento nei confronti di giovani medici che offrono il proprio aiuto e la propria disponibilità quotidianamente, noi fellows.
Trascorre un anno in America mi ha permesso di comprendere come, spesso, la scuola europea e quella americana hanno dei punti di rottura. Suggeriscono soluzioni diverse per uno stesso problema.
E’ scorretto pensare che la scuola americana sia superiore. Avere più punti di vista rende liberi!
C’è però un’attitudine che manca in Italia: essere disponibili verso i giovani, troppe volte visti solo come forza lavoro gratuita. Non dedicarsi ai medici del futuro è, a mio parere, un errore troppo costoso che rischia di creare medici poco preparati e non pronti a dare un seguito all’eccellenza italiana in questo campo.

A domanda, risposta

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