la protesi di caviglia è considerata, ad oggi, il “best standard” per la cura dell’artrosi di caviglia

Introduzione

La protesi è la sostituzione di un’articolazione con un impianto che ne riproduca il movimento e che si avvicini il più possibile alla sua fisiologia.

La cura dell’artrosi e di alcuni tipi di deformità della caviglia possono richiedere l’utilizzo di questa tecnica.

Ricercando informazioni su internet relativamente all’impianto di protesi ci si può imbattere in svariate opinioni contrarie a questo tipo di intervento. Questa errata scuola di pensiero si è radicata nel tempo a causa delle vecchie protesi, utilizzate più di 15 anni fa.

Oggi, invece, con particolare riferimento alla caviglia, la protesi è una soluzione affidabile ed efficace. Questa evoluzione si deve, storicamente, in primis ad un concetto e ad un conseguente design europeo: il mobile-bearing.

Diversi impianti negli anni sono stati sviluppati secondo questo principio, che prevede tre fondamentali componenti:

  • una tibiale;
  • una astragalica;
  • un inserto in polietilene mobile (da qui la dicitura “mobile”) detto “menisco”.
Componenti della protesi di caviglia mobile bearing
Componenti della protesi di caviglia mobile bearing

Nell’immagine si possono notare i componenti della protesi di caviglia mobile bearing (dall’alto verso il basso):

  • Protesi di caviglia Hintegra® “mobile bearing” completa;
  • Protesi di caviglia Hintegra® “mobile bearing” – componente talare;
  • Protesi di caviglia Hintegra® “mobile bearing” – componente tibiale;
  • Protesi di caviglia Hintegra® “mobile bearing” – inserto

È interessante chiedersi come si sia arrivati a questa forma di design protesico.
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L’evoluzione della protesi di caviglia

Protesi di caviglia mobile bearing frontale e laterale
Protesi di caviglia mobile bearing frontale e laterale

Le protesi di caviglia di prima generazione, infatti, derivavano da una parziale rivisitazione della geometria e della tribologia (ossia lo studio dell’attrito, della lubrificazione e dell’usura dei materiali) delle protesi d’anca di allora e sono ancora oggi la causa dell’estrema diffidenza che le moderne protesi di caviglia hanno dovuto vincere nell’opinione comune.

Il problema principale si è rivelato essere la mobilizzazione delle componenti a medio termine, legato ad un’incompleta comprensione dell’anatomia della caviglia nei disegni di allora.

A questo problema la ricerca europea ha trovato una risposta sul finire degli anni ’90, giungendo all’ideazione del mobile-bearing. Per arrivare a questo risultato è stato fondamentale lavorare su “constraint” e “congruency”, ossia vincolo e congruenza articolare: due principi antitetici da bilanciare.

Per dirlo in parole semplici, un impianto protesico deve trovare un equilibrio tra l’esigenza di replicare l’anatomia di una caviglia fisiologica (congruency) e l’esigenza di ottenere stabilità mediante un vincolo (constraint).

La soluzione Europea di una protesi alla caviglia con un inserto mobile ha ridotto la voluminosità delle stesse, consentendo di risparmiare tessuto osseo e di utilizzare un fissaggio allo scheletro di tipo “press-fit”, cioè senza la necessità di cementazione.

Ultimo, ma non meno importante, risultato ottenuto grazie a questa innovazione è la maggior durata nel tempo dell’impianto.

Tre caratteristiche fondamentali rendono una protesi mobile-bearing affidabile ed efficiente, e sono tutte presenti nell’impianto Hintegra® da me utilizzato:

  1. Deve rispettare la corticale anteriore della tibia, attraverso cui viene trasmesso oltre il 30% del carico sostenuto dalla tibia stessa. In termini pratici, significa evitare di ancorare la componente tibiale con l’impiego di binari che scorrano da anteriore a posteriore.
    La protesi Hintegra infatti consta di una mensola anteriore perpendicolare alla superficie articolare vera e propria che si appoggia alla tibia senza richiedere alcuna interruzione ossea anteriormente;
  2. Deve avere un astragalo a forma di tronco di cono e non di cilindro, visto che, in natura, l’astragalo è un osso con un diametro mediale inferiore a quello laterale.
    Ricreare questa caratteristica permette di favorire nel paziente un passo fisiologico;
  3. Deve ripristinare il corretto allineamento tra tibia e astragalo.

Sono le 3 motivazioni per cui in passato ho utilizzato estesamente la protesi Hintegra®, intervenendo anche su caviglie affette da grandi deformità, senza dover sacrificare il movimento dei miei pazienti.

Il movimento è un fattore molto importante poiché, rispetto ai pazienti affetti da artrosi dell’anca o del ginocchio, quelli colpiti da artrosi della caviglia possono essere molto più giovani e, quindi, avere maggiori esigenze di mobilità nel loro vivere quotidiano.

Inoltre, come dicevamo, queste protesi di nuova generazione, riducendo gli stress e gli stimoli degenerativi sulle altre articolazioni vicine alla caviglia, consentono di preservare la mobilità del paziente al contrario di quanto accade utilizzando l’artrodesi (fusione).
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A chi è sconsigliata la protesi di caviglia?

I fattori principali che possono impedire di optare per la protesi, e quindi di spingere la scelta verso l’artrodesi di caviglia, sono:

  • Un’eventuale mancanza di “bone-stock” nell’astragalo (accertabile con la TAC), ossia di riserva di osso su cui appoggiare l’impianto;
  • La presenza di un processo settico (infezione) in atto.

Infine, vista la ridotta casistica rispetto ad altre articolazioni (anca e ginocchio), è molto importante nel caso della caviglia, sottolineare l’importanza di rivolgersi ad un centro di riferimento specializzato per poter contare su chirurghi che siano al termine della loro curva di apprendimento.

Hai altre domande sulla protesi di caviglia?

Leggi il nostro articolo: “Protesi di Caviglia: 12 informazioni per il paziente

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Protesi di caviglia: l’importanza della learning curve del chirurgo

Cos’è una curva di apprendimento in chirurgia?

É il percorso che deve necessariamente compiere ciascun medico chirurgo prima di padroneggiare, al punto da eseguirla affidabilmente, una determinata procedura chirurgica.

Nel caso specifico, saremo di fronte ad un professionista che ha compiuto il suo percorso di apprendimento solo dopo aver assistito ed eseguito circa 30 impianti protesici dello stesso tipo; per mantenere questo livello dovrà poi effettuarne almeno 10 all’anno.

Ho in passato approfondito e dedicato molto attenzione al tema della learning curve arrivando a presentare uno studio preliminare presso il Congresso Nazionale Americano (AOFAS, Chicago 2014), così come ad un seminario online tenuto su Footinnovate (portale americano di chirurgia del piede) e al Congresso Nazionale Italiano (SIOT, Roma 2014).

L’importanza di questo tema ci ha permesso infine di pubblicare i nostri numeri in uno studio condotto in questi ultimi 2 anni e pubblicato nel 2017 sulla rivista europea Foot and Ankle Surgery dal titolo “Identifying the learning curve for total ankle replacement using a mobile bearing prosthesis’.

In questo studio non analizziamo solamente la learning curve di un chirurgo, ma identifichiamo quello che secondo noi è il cut-off numerico: ovvero dopo quanti casi di protesi di caviglia un chirurgo può realmente dirsi formato.

Abbiamo analizzato diverse variabili, che si stabilizzano a 30 casi. È il momento in cui il chirurgo si può definire la termine della propria learning-curve (curva di apprendimento) e può, a sua volte, essere designato come tutor per altri chirurghi.
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Mobile-bearing. la nostra attività scientifica cosa ha portato di nuovo?

Protesi di caviglia mobile bearing frontale e laterale
Protesi di caviglia mobile bearing frontale e laterale

Le protesi di caviglia storicamente sono state proposte per la cura dei casi di artrosi di caviglia, dove non vi fosse alcuna deformità associata.

Ovviamente, dal momento che l’artrosi di caviglia è di natura post-traumatica, si associa frequentemente a deformità scheletriche importanti esitate dai traumi.

Pertanto, l’indicazione alla protesi proposta rimaneva preclusa ai pazienti affetti da deformità.

La nostra attività di ricerca e di studio di questa articolazione ci ha portato a considerare l’applicabilità della protesi in associazione a tempi chirurgici ulteriori, come, per esempio, l’artrodesi della sottoastragalica.

Uno dei nostri studi, pubblicato su una prestigiosa rivista americana del settore, Foot And Ankle International, ha dimostrato la riproducibilità dell’intervento di protesi di caviglia e artrodesi di sottoastragalica nello stesso intervento, confermando scientificamente la validità della scelta dell’impianto di protesi anche per pazienti colpiti da deformità del retropiede.

La nostra ricerca si è, poi, soffermata sui tempi di recupero del paziente sottoposto a protesi di caviglia mobile-bearing, soffermandoci sull’osservazione che la condizione di piena soddisfazione viene conquistata dal paziente entro l’anno dall’intervento.

Abbiamo spiegato questo percorso, attraverso l’osservazione di un particolare movimento di adattamento della protesi, noto come “posterior-shifting” astragalico.

In un nostro studio abbiamo, infatti, dimostrato la presenza di un meccanismo di compenso nella caviglia protesizzata con mobile-bearing che si manifesta nell’arco dei primi 6 mesi.

Questo meccanismo è correlato alla funzione della muscolatura posteriore della gamba, in particolare di tricipite e flessori, giustificando i tempi di recupero lievemente più lunghi del mobile-bearing rispetto al fix-bearing.

Ovviamente, in ambito di chirurgia protesica la velocità del recupero non è l’unico parametro importante.

Al contrario, la sopravvivenza a lungo termine dell’impianto, è l’obiettivo supremo e questo meccanismo di compenso ha un ruolo importante per la protesi mobile-bearing.

Oggi la mia prima scelta in ambito protesico è il resurfacing fix-beraing ma, in casi selezionati, la protesi di caviglia mobile bearing è, indubbiamente, ancora una scelta che prendo in considerazione e di cui la nostra attività, e quella di autori precedenti a noi, ne hanno dimostrata l’efficacia.

Pubblicazioni scientifiche

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Federico Usuelli